Giovedì 20 febbraio 20:45 a Bertalia

Riflessioni sulle violenze collettive – il caso Colombia

ciclo di incontri

Da Monte Sole al presente

Nel pensare e organizzare le numerose e significative iniziative che hanno celebrato l’ottantesimo anniversario degli eccidi di Monte Sole si è subito avvertito prezioso portare avanti la riflessione insieme alla memoria. Don Giuseppe Dossetti ha insegnato che “Bisogna immergersi nella storia, conoscerla profondamente. Non potete fare a meno di conoscerla, di studiarla… È indispensabile per avere il senso storico, non tanto per sapere i fatti, che delle volte sono troppo complessi o troppo parziali rispetto all’universalità del grande flusso storico.

La Chiesa di Bologna, la Piccola Famiglia dell’Annunziata e la casa editrice Zikkaròn, in collaborazione con l’istituto storico Parri di Bologna hanno perciò organizzato un piccolo percorso che si svilupperà nei prossimi mesi per cercare di capire da dove hanno origine le violenze di massa che ancora tanto condizionano il nostro presente e come, là dove sono state almeno in parte risolte, si è arrivati a contesti riconciliati.

Primo appuntamento

Nel primo appuntamento, tenutosi il 10 novembre scorso presso la parrocchia di Sant’Andrea Apostolo, la rassegna, denominata “Da Monte Sole al presente, riflessioni sulle violenze collettive e su possibili strade di ricostruzione“, ha offerto al numeroso pubblico presente, il contributo di Toni Rovatti, storica dell’Università di Bologna, e Huma Saeed, criminologa dell’Università di Lovanio.

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La storica Rovatti ha proposto una riflessione sulla giustizia e su come prima, durante e dopo i tempi degli eccidi sulle nostre colline si è espressa e ciò che ha comportato. Ha evidenziato come i diversi attori del tempo hanno agito in conseguenza a percorsi di formazione e propositi molto diversi. I pregressi storici e sociali della nostra terra prima della guerra, la politica tedesca del tempo, l’identità forte dei diversi gruppi di azione sono elementi determinanti nell’analisi dei tragici eventi. L’interpretazione stessa dei fatti quindi offre sfaccettature diverse; piste di studio ancora aperte portano avanti il lavoro svelando informazioni e significati sempre più accurati e preziosi.

La criminologa Saeed, afghana, con un’ottima padronanza della nostra lingua, ha voluto proporre in italiano il suo intervento temendo di non avere sufficiente chiarezza rispetto all’inglese con cui normalmente si esprime nel suo lavoro. Il pubblico ha molto apprezzato lo sforzo e seguito facilmente il discorso.

Il suo contributo si è focalizzato sugli elementi che portano verso la manifestazione della violenza collettiva e gli elementi che restano in quel contesto come conseguenze post conflitto. Si sono poi toccati i casi del Sud Africa, della Colombia e dell’Afghanistan con i successi e gli insuccessi che in questi paesi la giustizia di transizione con le commissioni della verità hanno ottenuto.

L’incontro è stato una approfondita premessa al prosieguo che ci ritroverà insieme per indagare sui casi specifici del Mozambico, dei Balcani e della Colombia.

Secondo appuntamento

Lo scorso giovedì 12 dicembre, presso la parrocchia Sant’Antonio da Padova alla Dozza, ha avuto luogo il secondo appuntamento del ciclo di riflessioni organizzato dalla Chiesa di Bologna, dalla Piccola Famiglia dell’Annunziata e dalla casa editrice Zikkaron, denominato “Da Monte Sole al presente – riflessioni sulle violenze collettive e su possibili strade di ricostruzione”.

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Dopo il primo appuntamento con gli interventi della storica Toni Rovatti e della criminologa Huma Saeed, l’attenzione si è spostata sul Mozambico, ex colonia portoghese che dopo l’indipendenza nel 1975 fu teatro di una sanguinosa guerra civile durata oltre un decennio.

Per la panoramica su quegli eventi, sulla transizione post-bellica e sulle sfide attuali di questo paese sono stati invitati Pier Maria Mazzola, giornalista, con una lunga esperienza in Mozambico, e il vescovo Zuppi.

Mazzola ha offerto un puntuale inquadramento storico della vicenda mozambicana, evidenziando le dinamiche sociopolitiche e religiose del paese, le tensioni coloniali, la transizione verso l’indipendenza, le cause e le conseguenze della guerra civile, i problemi di oggi. La Chiesa cattolica, inizialmente alleata del regime coloniale portoghese, gradualmente adottò posizioni più critiche. Il suo ruolo, in particolare quello di gruppi missionari come i padri Bianchi e di Burgos, è centrale nel combattere le ingiustizie sociali e promuovere la pace. La lotta tra Frelimo e Renamo, con l’intreccio di interessi locali e internazionali, ha profondamente segnato il tessuto sociale, creando divisioni e tensioni. Grazie alla mediazione della comunità di Sant’Egidio con il nostro vescovo Zuppi, si è comunque riusciti ad avviare un dialogo che ha portato alla pace nel 1992. Il bilancio della guerra civile è drammatico, centinaia di migliaia di morti in prevalenza civili, ma sorprendentemente il Mozambico è riuscito a evitare una spirale di vendette, aprendo la strada alla riconciliazione e a nuove elezioni democratiche.

Il vescovo Zuppi ha sottolineato nuovamente come il processo di pace in Mozambico sia stato un passo fondamentale verso la fine di una guerra civile devastante, ma la vera sfida è stata e continua a essere quella di costruire una pace duratura.

Nonostante l’accordo del 1992, molti aspetti cruciali come le autonomie locali, la giustizia per i crimini di guerra e la piena inclusione di tutte le forze politiche e sociali, sono rimasti irrisolti. Il cammino verso la riconciliazione continua ad essere un’opera in corso, con il paese che, sebbene abbia fatto dei progressi, affronta ancora oggi, nell’attualità, sfide interne legate alle diversità politiche, regionali e sociali. Il processo di pace, quindi, non si esaurisce con la firma di un accordo, ma si dipana ulteriormente nei suoi aspetti più pratici e quotidiani, che richiedono una continua mediazione e un impegno a lungo termine. Senza un processo strutturato e condiviso che possa garantire giustizia e verità, il Mozambico rischia di trovarsi di fronte a una pace fragile, che potrebbe essere messa alla prova da nuove tensioni interne. Nonostante queste difficoltà, l’esempio della mediazione di Sant’Egidio dimostra che la diplomazia e il dialogo possono aprire porte che sembrano chiuse, offrendo speranza per il futuro.

Terzo appuntamento

La complessa realtà dell’Europa orientale è stato il tema del terzo appuntamento del percorso “Da Monte Sole al presente” organizzato dalla Chiesa di Bologna, dalla Piccola Famiglia dell’Annunziata e dalla casa editrice Zikkaron.

Giovedì 16 gennaio ospite della parrocchia di Santa Rita è statoFrancesco Privitera. Professore di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università di Bologna, Privitera ha delineato le traiettorie della disgregazione della Jugoslavia, i fattori che hannocreato terreno fertile per le violenze e per lo scoppio delle guerre degli anni Novanta e poi le tappe dei negoziati con la UE, conclusi positivamente solo per alcuni dei paesi dell’Europa orientale.

Con grande precisione e capacità di coinvolgere le tante persone presenti, ha illustrato come l’introduzione, spesso violenta, dei nazionalismi in comunità prima integrate, la crisi economica in alcune zone (e la conseguente necessità di individuare capri espiatori), insieme con la crisi istituzionale e ideologica siano statialcuni degli elementi che hanno preparato la strada alle guerre. ​

Le guerre e i crimini commessi hanno provocato innumerevoli traumi, personali e collettivi. Gli accordi di pace di Dayton (1995) sono riusciti a portare stabilità ma hanno lasciato aperte numerose questioni. Gli scontri in Kosovo sono scoppiati poco dopo.

Le vicende dei paesi est-europei si intrecciano con gli interessi di potenze globali come gli Stati Uniti e la Cina, ma anche la Russia,la Turchia e l’Arabia Saudita.

L’allargamento dell’Unione Europea a Est era uno dei grandi progetti politici che sembravano poter offrire prospettive nuove. Se certamente per alcuni paesi come la Slovenia questo è stato vero, oggi, anche per il mutato contesto internazionale e per il nuovo assetto delle istituzioni europee, il modello risulta appannato. Ancora molte sono le frizioni presenti, ad esempio per quanto riguarda il Kosovo e la Bosnia.

Una complessità da approfondire e tenere presente, in un’Europa in cui si ricomincia ad usare con frequenza la parola nazione e in cui si assiste a un’etnicizzazione della politica.

Ancora una volta, poter conoscere le scelte e le dinamiche che hanno preparato la guerra, e le atrocità e le fratture che questa ha provocato, è monito per il nostro sguardo sull’oggi e sull’Europa in cui vogliamo vivere. In questo senso l’intervento del professor Privitera è stato particolarmente esplicativo e interessante.

Beatrice Orlandini (Zikkaron)

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Quarto appuntamento

Il prossimo appuntamento sarà giovedì 20 febbraio 2025 presso il Teatro della parrocchia di Bertalia alle ore 20,45; con Giovanni Rimondi (dottore in giurisprudenza con tesi magistrale sul conflitto colombiano) si parlerà del caso della Colombia.

Prima tappa: 10 novembre ore 17

Sant’Andrea Apostolo, Piazza Giovanni XXIII, 1 – Bologna (Barca)

Seconda tappa: giovedì 12 Dicembre | ore 20,45

Mozambico

Parrocchia della Dozza

con Pier Maria Mazzola

(direttore rivista Africa e Nigrizia)

Terza tappa: giovedì 16 gennaio | ore 20,45

Balcani

Parrocchia di Santa Rita

con Francesco Privitera

(professore Università di Bologna)

 

Quarta tappa: giovedì 20 febbraio | ore 20,45

Colombia

Teatro della parrocchia di Bertalia

con Giovanni Rimondi

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